Secondo la Commissione di garanzia sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, il settore più conflittuale nel corso del 2003 è stato il trasporto pubblico locale con 621 scioperi e iniziative di mobilitazione. Lo scorso anno sono state effettuate 191 ore di sciopero generale contro le 58 del 2002 e, nel mese di gennaio del corrente anno, sono più che raddoppiate sia le proclamazioni di sciopero sia le ore effettivamente perse rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Per mettere un freno all’espansione dei conflitti in tutto il settore dei trasporti, la Commissione invoca l’applicazione di sanzioni per gli scioperi dei mesi di dicembre e gennaio dichiarati illegittimi dalla stessa e chiede inoltre un inasprimento delle regole, già lunghe e tortuose, che dalla volontà di scioperare dei lavoratori portano all’effettiva possibilità di esercitare questo diritto. Ad esempio, propone l’introduzione dello sciopero “virtuale” o il referendum preventivo o, ancora, la dichiarazione anticipata della volontà del singolo lavoratore di aderire ad uno sciopero, in modo che le aziende di trasporto possano organizzarsi in tempo per sostituire il lavoratore e garantire il servizio.
Per arginare l’esplosione dei conflitti, la Commissione ha imposto alle aziende di usare la mano pesante nei confronti degli scioperi degli ultimi mesi. Manco a dirlo, la Commissione ha dichiarato illegittime le astensioni dal lavoro “improvvise” dei lavoratori. Fino ad ora ha chiuso l’istruttoria per le giornate di sciopero avvenute senza il rispetto delle fasce di garanzia per il mese di dicembre (a Milano riguardano le giornate dell’1, 20 e 21) ed ha intimato alle aziende di aprire immediatamente provvedimenti disciplinari a carico dei lavoratori che non hanno prestato servizio in quelle giornate. I lavoratori coinvolti (in conformità ad un regio decreto del 1931!) rischiano: una multa, il congelamento di eventuali aumenti contrattuali e la sospensione dal lavoro per un periodo compreso tra 1 e 10 giorni in base al curriculum disciplinare di ciascun dipendente. Le punizioni si sono concretizzate fino ad ora solo a Brescia (fino a quattro giorni di sospensione) ed a Venezia con 4 ore di multa comminate solo ai conducenti che hanno presentato ricorso con l’RdB. A Milano, i lavoratori coinvolti sono circa 2.000 per ognuna delle giornate considerate.
La repressione nei confronti dei lavoratori non si ferma ai provvedimenti disciplinari contestati dalle aziende e dalla Commissione di garanzia. Infatti, sono pervenuti ai lavoratori gli avvisi dai prefetti per il non rispetto delle precettazioni, con le quali si rischia, nel migliore dei casi, una multa di 256 euro. In alcune città, sono partite denuncie penali per interruzione di pubblico servizio e, come nel caso di 22 colleghi di Brescia, denunce per “violenza privata” con le quali si rischia persino il licenziamento.
Tutti i provvedimenti a carico dei lavoratori devono essere ritirati! A denti stretti, dopo due anni di sciopero e soprattutto dopo i blocchi di dicembre e gennaio, è stato applicato, solo parzialmente, quanto già previsto da accordi precedenti. I lavoratori non possono essere chiamati a pagare per il comportamento conseguente all’arroganza delle aziende, degli enti locali e del governo che non hanno voluto riconoscere un adeguamento salariale stabilito e dovuto da tempo.
I lavoratori hanno già pagato, con le trattenute per gli scioperi che hanno svolto regolarmente nei due anni precedenti, con le trattenute per gli scioperi di dicembre e gennaio (a Milano fino a 7 giornate tra astensioni dal lavoro con il rispetto delle fasce di garanzia e quelle “improvvise”) e con il mancato aumento dello stipendio dovuto da due anni, che hanno ingrassato i conti delle aziende e degli enti locali. A Milano il bilancio è in attivo per il terzo anno consecutivo per 2,3 milioni di euro. Se i conti per alcune aziende non sono “grassi”, non possono essere chiamati sempre e solo i lavoratori a salvare la baracca.
La repressione della Commissione di garanzia, dei prefetti e delle aziende non potrà fermare la volontà di lotta dei lavoratori. La lotta di classe non si precetta e nemmeno la repressione più dura potrà fermare l’ascesa delle mobilitazioni future.